Lethal Honey 2
di Sergio Gambitt19
Caccia a Mosca 2 (di 2)
Quando il gioco si fa duro…
Vi è mai capitato di
venire sopravvalutati? Si, ok, non è un’esperienza proprio fuori dal comune. E’
normale che vi sia successo. Ma vi è mai capitato di godere di una fama tale da
essere contattati da una delle più sofisticate organizzazioni di difesa al
mondo, di ottenerne la carica di agente a riposo ma a disposizione per
eventuali missioni e di conseguenza di essere mandati a Mosca con un’ex spia
russa ed ex capo dei Vendicatori per recuperare delle informazioni che
potrebbero sconvolgere tutti gli equilibri politici tra U.S.A. e Russia? Non
credo proprio.
Ora sono alla guida di un taxi che ho “preso in prestito”
per sfuggire a due auto di scagnozzi che non vedono l’ora di farmi fuori,
mentre cerco di individuare la mia compagna attraverso un rilevatore di
posizione a cui non importa quali vicoli e strade sconosciute di Mosca devo
percorrere per raggiungerla. Così continuo a sfrecciare per queste vie
affidandomi più all’istinto che alla ragione, cercando di capire come funziona
il cambio di quest’auto (non che io abbia la patente russa…) e compiendo
manovre che farebbero impallidire anche Sandra Bullock per evitare le
pallottole dei simpaticoni che mi stanno dietro.
Mi chiamo Kitty Pryde, ma sono conosciuta anche con il
nome di Shadowcat. Benvenuti nella mia vita.
E, dimenticavo, ho 16 anni.
Un aeroporto militare segretissimo, poco lontano da
Mosca.
Un’ora fa.
Un caccia invisibile ai radar atterra sulla pista. Con un
sibilo metallico si alza il vetro dei due scomparti anteriori. Il secondo
pilota si alza e scende dall’aereo, mentre il primo resta fisso e immobile al
suo posto, senza neanche voltarsi. Un uomo in giacca, cravatta e ray-ban neri
si avvicina timidamente all’uomo che è appena sceso porgendogli la mano.Questo
si toglie il casco. E’ un uomo imponente, alto e muscoloso. Un collo da toro
sorregge una faccia minacciosa, totalmente priva di capelli e con una grossa
cicatrice obliqua che va dalla fronte alla guancia, senza incidere un occhio
che brilla di lucida cattiveria e guarda con disprezzo la mano tesa verso di
lui.
“A-Agente Psycho?” esordisce l’uomo vestito di nero.
“Sono io.” La sua voce è dura e profonda come il più
angosciante degli incubi. Prendendo un profondo respiro, l’altro uomo si carica
di coraggio e dice:
“M-Mi chiamo Nick Coppola, sono il suo autista per la
missione. Se si vuole accomodare, troverà tutto il materiale relativo alla
missione nel sedile posteriore.”
Psycho si avvicina all’auto e apre lo sportello di
dietro. Da lì prende una cartella gialla, con in cima un adesivo che la
classifica come Top Secret. Sfoglia qualche pagina, e tira fuori una foto.
L’uomo raffigurato è il dottor Ben Gustavson. E’ lui il bersaglio. Psycho
accenna un sorriso, e l’altro uomo lo coglie come un invito a cominciare la
missione. Senza guardarlo negli occhi, Nick si avvicina allo sportello di
guida, e fa per entrare.
“E’ una Mercedes?” la voce di Psycho lo blocca. Senza
girarsi a guardarlo, preso alla sprovvista, Nick quasi urla:
“Si!” poi, pentendosi della propria impulsività, si volta
verso Psycho per scusarsi del suo scatto. Una volta guardatolo in faccia però,
Nick ammutolisce di colpo. Gli occhi di Psycho, quegli stessi occhi in cui
prima s’intravedeva solo un fondo di malvagità, seppur dominato dalla ragione,
adesso sono diventati due spilli acuti e penetranti. Nick sente i suoi pensieri
confondersi. Le sensazioni cominciano ad accavallarsi. Un attimo prima brucia
di caldo e sente la gola secca, un attimo dopo le labbra si dipingono di viola
per il freddo. Apre la bocca e tenta di dire qualcosa, ma riesce solo a
pronunciare parole senza senso. Rivoli di sangue scendono giù dal naso e
macchiano la sua giacca firmata. Infine alza gli occhi al cielo e crolla a
terra.
Psycho si avvicina all’auto e apre la portiera anteriore,
scansando il cadavere di Nick con un piede. Poi si posiziona davanti al volante
e dice:
“Ho sempre sognato di guidare una Mercedes.”
Un vicolo. Bidoni e spazzatura ovunque. Un uomo anziano
riverso per terra. Una ragazza bionda regge con una mano un portatile nero,
mentre l’altra mano punta uno strano bracciale metallico alla testa di un’altra
donna dai capelli rossi semisdraiata per terra. Un luccichio omicida nello
sguardo della bionda. Una situazione disperata.
Il taxi irrompe nel vicolo con quanta più forza e
velocità può. Le dimensioni dell’auto sono poco più piccole di quelle del
vicolo, ed il taxi protesta emanando scintille dai lati ogniqualvolta sfiorano le
mura circostanti. Gli specchietti retrovisori sono un lontano ricordo. Il
cofano porta con sé tutti i bidoni che trova sul suo cammino. L’acceleratore è
premuto al massimo, la forza d’inerzia fa il resto. Il taxi si trasforma in un
carro armato sparato a 120 chilometri orari in una rampa angusta. Yelena
Belova, la nuova bionda Vedova Nera, si lascia distrarre da questa visione per
qualche istante. Qualche istante di troppo. Natasha Romanova, la vecchia Vedova
Nera, ne approfitta per dare un calcio al tallone di Yelena e tornare in piedi.
Dal finestrino del taxi si sporge una ragazza dai mossi capelli castani.
“Prendi tutto!” grida la
ragazza, e in un attimo Natasha ha intuito qual è il piano di Shadowcat. Con il
taglio della mano colpisce quella dell’altra Vedova, facendole mollare la presa
sul portatile, che afferra al volo. Poi si cala e prende per la collottola
l’uomo steso a terra. Quindi, semplicemente, aspetta.
Yelena la vede lì, faccia a faccia con un taxi
inarrestabile, immobile come un coniglio ipnotizzato dai fari di un’auto. E’
forse impazzita? si chiede, mentre si rialza e, con un paio di salti che
diversi atleti olimpionici le invidierebbero, guadagna la scala antincendio
sovrastante. Per un attimo le passa per la mente il pensiero di salvare anche
Natasha. Così, senza motivo. Poi però, ritenendosi stupida anche solo per
averlo ipotizzato, si rende conto che fino a due secondi prima l’avrebbe uccisa
volentieri, e non sarebbe cambiato niente se ad ucciderla fosse stato un folle taxi
in corsa. Solo, avrebbe preferito essere lei la sua esecutrice…
Il taxi intanto ha quasi raggiunto Natasha, che in una
mano tiene saldamente il dottor Gustavson e il portatile. Il suo sguardo si
incrocia con quello altrettanto risoluto di Shadowcat, che tiene fermamente il
volante, ed istantaneamente sanno entrambe cosa fare. Natasha salta, in
direzione del vetro anteriore del taxi. Shadowcat rende intangibile l’intera
vettura, ed attraversa il corpo della bella russa e del dottore. Con una
coordinazione che sembra essere stata preparata a tavolino il braccio di Kitty
afferra quello della Vedova, ed immediatamente la situazione si ribalta. Adesso
il taxi è tangibile, mentre Natasha, il dottore e il portatile hanno la stessa
consistenza di un fantasma. Bastano un paio di contorsionismi perché la Vedova
si adatti al posto accanto al guidatore, e adagi il dottore sul sedile
posteriore. Poi tutti ritornano materiali. Il taxi esce dal vicolo inserendosi
nuovamente nel caos del traffico di Mosca. Natasha sta per aprire bocca, ma
Kitty la blocca indicando lo specchietto retrovisore. Due auto nere imitano la
guida spericolata della ragazza, destreggiandosi nel caotico traffico urbano di
Mosca.
“Abbiamo compagnia” dice Kitty.
Natasha annuisce e risponde:
“Preparati a girare a destra quando te lo dico io….ora!”
Kitty gira con forza lo sterzo sulla destra, ed imbocca
un altro vicolo, un po’ più largo del precedente. Sfortunatamente anche gli
altri due autisti hanno la stessa prontezza di riflessi, e le due auto nere si
infilano nello stesso vicolo.
“Non è servito a nien…” fa per dire Kitty, ma guardando
avanti si accorge di un particolare che a prima vista non aveva notato. La via
che hanno imboccato è un vicolo cieco. Un sorriso si allarga sul viso di
Shadowcat, mentre guarda prima il muro che chiude la strada e poi Natasha.
Questa risponde al sorriso. Kitty spinge quanto più può sull’acceleratore e il
taxi accelera con una potenza impressionante. Il conducente dell’auto
retrostante non ha neanche il tempo per capire cosa sta succedendo. Quello che
vede è che un taxi, un normalissimo e banalissimo taxi, al posto di andare ad
infrangersi contro un solido muro di mattoni, gli passa attraverso come se
fosse fatto d’aria. La singolarità dell’evento lo distoglie anche dalle
faccende importanti, come piantare il piede sul freno per evitare il muro. La
prima auto gli si schianta contro, e l’unica cosa che salva i passeggeri da
morte certa sono gli airbag. Il secondo autista non ha il tempo di reagire. La
sua auto si pianta dietro la prima e ne rialza il bagagliaio posteriore, mentre
la lamiera si accartoccia e pezzi di vetro volano in ogni direzione. Quindi
silenzio.
Dall’altro lato del muro.
Un barbone sta consumando quel che resta del suo fegato a
sorsi di vodka. Improvvisamente qualcosa richiama la sua attenzione. Un taxi si
materializza da un muro e procede a velocità incredibile verso di lui. Non ha
nemmeno il tempo di muovere un muscolo che il taxi gli è arrivato addosso.
Solamente, chiude gli occhi, preparandosi all’impatto. Passano i secondi. Un
minuto. Due. Non succede niente. Timidamente, riapre le palpebre. E’ di nuovo
solo nel vicolo. Stropicciandosi gli occhi per la sorpresa comincia a pensare a
cosa gli è potuto succedere. Poi lo sguardo gli cade sulla bottiglia. La fissa
a lungo. Che tempi, pensa, non ne fanno più buona come una volta.
La bottiglia fa una graziosa piroetta e si va a
schiantare contro il muro.
“Gira qui a destra e fermati.”
Il taxi entra in un’ampia piazza abbastanza affollata di
turisti. Shadowcat la scruta per trovare parcheggio e si ferma accanto ad un
bar.
“Beh, li abbiamo seminati alla fine eh?” esordisce la
ragazza, sorridendo in direzione di Natasha.
“Perché ci hai messo tutto quel tempo ad arrivare?”
ribatte con un leggero tono di rimprovero la Vedova Nera.
“Ehi! Ce l’hai con me?! Stai parlando con me?!”
La Vedova Nera inarca un sopracciglio e guarda Kitty con
un’espressione interrogativa.
“Scusa, ma ho sempre sognato farlo…” risponde imbarazzata
Kitty, poi “Quando il taxi ha lasciato Gustavson alla Piazza Rossa ho pensato
fosse meglio uscire in un posto meno affollato. Quel che non sapevo è che in
qualche modo ero stata individuata, e, infatti, poco dopo gli scagnozzi sulle
due auto nere ci avevano raggiunto ed ucciso l’autista. Non ho potuto far altro
che lasciarlo lì e scappare con la sua vettura…” l’espressione risoluta di
Kitty si incrina leggermente. Non tanto da essere individuabile da un
osservatore occasionale, ma Natasha ha imparato nella sua carriera a studiare a
fondo tutte le persone con cui si trovava. Anche se Kitty non vorrebbe mai che
se ne accorgesse, Natasha sa quanto è doloroso il senso di colpa per non essere
riusciti ad impedire la morte di qualcuno, e sa che è la stessa pena che sta
tormentando la parte più intima e nascosta della ragazza. Prima di poterle dire
qualcosa però, la sua attenzione viene richiamata da un rantolo proveniente dal
sedile posteriore. Il dottor Gustavson si sta svegliando.
“Cosa…cosa mi è successo?”
“E’ stato attaccato da un’agente russa che le voleva
sottrarre le informazioni che avrebbe dovuto vendere.” risponde freddamente
Natasha “E’ una fortuna che io sia arrivata prima che la uccidesse.”
“Una…un’agente russa? Ma il colonnello Stalyenko mi aveva
assicurato…”
“Ancora lui! Ha appena imparato a sue spese che non c’è
da fidarsi di quel maledetto bastardo” dice la Vedova Nera “Venderebbe la
propria madre al mercato degli organi se ci guadagnasse qualcosa. E a quanto ho
capito le informazioni che aveva intenzione di piazzare sono molto importanti,
se hanno scatenato tutto questo trambusto.”
Al sentire queste parole il dottore si riprende
completamente, e comincia a guardare le due ragazze con sospetto. Localizza il
suo portatile e lo stringe a sé con entrambe le braccia. Poi chiede:
“Ma voi chi siete?”
“Ci consideri i suoi angeli custodi” dice sorridendo
Kitty “Non dimentichi che l’abbiamo salvata da morte certa.”
“Non mi avrebbero ucciso, ” ribatte il dottore “il mio
portatile ha un detonatore collegato al mio battito cardiaco. Se il mio cuore
smette di battere scoppia tutto.”
Ad entrambe scappa un “Oh!” di sorpresa.
“Mio Dio, ma che sta succedendo là fuori?!”
L’urlo del dottore le riporta alla realtà. Guardano fuori
dall’auto e vedono turisti, camerieri, passanti cadere a terra come mosche,
mentre si dibattono in preda a violenti spasmi.
“Stia lì!” ordina Natasha al dottore, immobilizzato dal
terrore e bianco come un lenzuolo, subito prima di uscire insieme a Kitty dal
taxi.
Shadowcat è la prima ad avvicinarsi ad uno di questi
uomini, e si abbassa per ascoltare le sue parole.
“Il mio russo è un po’ arrugginito, ma sembra proprio che
quello che dica non abbia senso. Solo una serie di parole totalmente slegate
l’una dall’altra” dice a Natasha.
“Ah, parli anche russo?” chiede la Vedova, piuttosto
impressionata.
“Sì, il mio ex ragazzo è russo, mi ha insegnato
qualcosa.” risponde Kitty, poi torna ad esaminare l’uomo riverso a terra “Cosa
può essergli successo?”
“Lo scoprirai presto ragazzina!” tuona un omone muscoloso,
calvo e con due occhialetti rotondi rossi che gli coprono gli occhi.
Immediatamente la mente di Kitty fa una giravolta. Quello che era su adesso si
trova giù, mentre l’equilibrio cambia continuamente come quando si viene
risucchiati da un tornado. Solo che tutto questo avviene all’interno della sua
psiche.
“….acciaio.…bowling….zolfo….artigli.…fuoco…” comincia a
dire, mentre le sue gambe cedono.
“Lasciala andare!” urla la Vedova Nera, e senza pensarci
due volte si lancia in un calcio volante verso la faccia dell’uomo. Ad un paio
di metri da lui anche lei viene investita da un’ondata psichica intensissima,
ma la forza d’inerzia fa lo stesso raggiungere il colpo a destinazione. L’uomo
cade a terra, mentre del sangue gli schizza fuori dal labbro. Libere dal
controllo mentale, sia la Vedova Nera che Shadowcat si riprendono. Con la coda
dell’occhio Kitty guarda nel taxi. Il dottor Gustavson è scomparso. Dopo una
piccola ricerca lo individua poco lontano dalla vettura, che scappa tenendosi
ancora stretto il portatile.
“Merda! Il dottore sta scappando!” grida a Natasha.
Nello stesso momento anche l’uomo rinviene. Asciugandosi
con il braccio il sangue dal mento, dice alla Vedova Nera:
“Pagherai per questo, sporca puttana…” poi però anche lui
vede il dottore scappare, e senza dire altro comincia a corrergli dietro. In
pochi attimi lo ha raggiunto e lo ha sollevato per la collottola fino a
guardarlo negli occhi.
“Ci si rivede, dottore… Peccato che questa volta debba
essere l’ultima.”
“N-No, Psycho! Ti ho addestrato io! Possibile che per te
non conti niente?!”
“Al contrario. E’ proprio in onore di quel che mi ha
insegnato che non avrò alcuna pietà. Si prepari a mori…!”
Un dardo energetico lo colpisce sul collo. Psycho molla
la presa sul dottore, ma si volta subito verso la direzione dell’attacco,
trattenendo con una mano il sangue copioso che sgorga dalla ferita sul collo.
“Non so chi tu sia, o come tu sia sopravvissuto ad un
morso di Vedova regolato al massimo, ma quell’uomo appartiene alla nostra
nazione ormai! Allontanati da lui!!”
Ad aver parlato è Yelena Belova, la nuova Vedova Nera.
“Noto con piacere che questa piazza è piena di suicidi.
Bene, sarà più divertente!” ribatte Psycho, mentre lancia un altro colpo
psichico verso la nuova arrivata. Prima di poterla uccidere però, viene
bloccato dai calci volanti combinati di Natasha e Kitty, che ancora una volta
gli fanno perdere la concentrazione.
“Allora non sai solo scappare, vigliacca!” urla Yelena in
direzione di Natasha, mentre si scaglia con tutto il suo corpo contro di lei.
Le due rotolano per un po’, poi si bloccano: Yelena sotto, con i morsi di
Vedova puntati verso la giugulare dell’altra, e Natasha sopra, con i morsi
puntati alla tempia della prima.
“E tu non sai solo colpire alle spalle…” ribatte a denti
stretti Natasha, poco prima che un calcio di Yelena la spinga via. Entrambe si
rialzano immediatamente, studiandosi con lo sguardo per individuare cedimenti e
punti deboli. Entrambe devono vincere. Il mondo è troppo piccolo per due Vedove
Nere.
Contemporaneamente.
Shadowcat devasta di colpi in rapida successione Psycho,
per impedirgli di concentrarsi ed usare il suo potere. La tattica sembra
funzionare, ma i pugni di Kitty più che a debilitarlo riescono solo a
confonderlo. Psycho, infatti, assorbe pazientemente tutti i fendenti, cercando
il momento buono per colpire. Senza alcun preavviso lancia un pugno di potenza
spaventosa verso Kitty, che fa appena in tempo a rendersi intangibile. Il colpo
va a vuoto, e questo dà la possibilità alla ragazza di piazzare un calcio al
fianco appena scopertosi di Psycho. Nonostante la forza del calcio, l’uomo non
si muove di un millimetro. Anzi, sorridendo prende la gamba della stupita Kitty
e la scaraventa per terra. In due secondi è sopra di lei e l’ha bloccata in una
presa di wrestling, in modo tale da impedirle di concentrarsi e rendersi
intangibile.
“Sei una dura, eh gattina? Peccato che il gioco sia
finito!” e di nuovo la mente di Kitty viene stravolta dal colpo psichico di
Psycho. Rivoli di sangue cominciano a scenderle giù per le guance: la morte sta
per sopraggiungere. Facendo appello alle sue ultime forze, Kitty lancia la
propria testa verso quella di Psycho, e all’ultimo secondo la rende
intangibile. Le due menti si fondono, e gli effetti devastanti del colpo psichico
vengono condivisi da entrambe. Psycho urla di dolore, e lascia Kitty. Quindi
crolla a terra tra violenti spasmi.
“Non…non finisce così!” urla, fissando prima Kitty e poi
il dottor Gustavson “Porterò a termine la missione per cui sono stato mandato!”
Subito dopo il dottore si porta le mani alla tempia, e
comincia a vomitare frasi sconnesse. Kitty corre da lui per soccorrerlo, ma
dietro di lei Psycho grida in un delirio di ilarità:
“Non puoi fare più niente per lui! Ormai è spacciato!!”
Kitty scopre con orrore che il pazzo ha detto la verità.
Il battito del dottore si fa sempre più debole, il suo respiro sempre più
flebile.
“Vedova! Gustavson sta morendo!”
Poco più in là Natasha sente il richiamo di Shadowcat.
Senza pensarci due volte attacca la sua avversaria. La lotta è breve ma
intensa, e alla fine è solo una di loro a finire riversa a faccia in giù per
terra. Il dolore di Yelena non ha niente a che vedere con le ferite fisiche che
la caduta le ha procurato. Piuttosto brucia di rabbia e frustrazione, per aver
perso in uno scontro diretto contro la sua più grande avversaria. Natasha si
cala su di lei e, tirandole all’indietro i biondi capelli, le sussurra
all’orecchio.
“Speravo che avessi imparato l’ultima volta, e di non
dover arrivare a tanto. Questo non è un mestiere che fa per te. La prossima
volta potresti non essere tanto fortunata e rimetterci qualcosa di più di
qualche ferita all’orgoglio. Ritirati finché sei in tempo.” e, avvicinandosi
ancora di più all’orecchio “E se vorrai continuare ricordati questo. Sarai
sempre la seconda!”
“Vedova presto! Sta per morire!”
Natasha corre da Shadowcat, e la trova chinata sul
portatile del dottor Gustavson, mentre il proprietario giace morente accanto a
lei.
“Sono riuscita a superare le password, ma mi serve del
tempo per scaricare tutto nel mio dischetto! Cerca di mantenerlo in vita per
qualche altro minuto!”
Natasha guarda l’uomo riverso a terra, poi il portatile,
quindi Kitty.
“No, hai ragione tu, Gustavson sta morendo. Non possiamo
fare niente per impedirlo.”
Kitty guarda stupita Natasha. Come può un’eroina della
sua fama fallire?
“Vuoi dire che dobbiamo…rinunciare?”
“No, c’è un altro modo. Quel che ci serve è che il suo
cuore continui a battere anche dopo morto. Pensi di potercela fare?”
Kitty lancia un’occhiata interrogativa alla Vedova, poi
improvvisamente capisce.
“Io…sì, posso tentare.”
“Al lavoro allora.”
Le due ragazze si scambiano di posto. Natasha comincia ad
armeggiare con la tastiera del portatile, mentre Kitty si affianca al dottore,
aspettando il momento buono per entrare in azione. Il flebile rantolo di morte
che esce dalla sua bocca gli segnala che è ora. Smaterializza un braccio, e lo
ficca dentro il torace del dottore. Quindi rimaterializza pezzi di dita attorno
al cuore. Stringendolo nella mano, ricomincia ad imprimergli un battito
regolare. Il detonatore collegato al cuore non registra alcun cambiamento, come
se il dottore fosse ancora in vita. Passano un paio di minuti. Natasha fa
danzare le dita sulla tastiera il più velocemente possibile, cercando i file da
copiare.
“Trovati!” dice, a metà tra l’esultanza e la
concentrazione. La freccetta del mouse clicca su
<Salva>…20%…50%…80%…100%! Con un unico gesto Natasha rimuove il dischetto
e lancia il portatile in aria, mentre urla a Kitty:
“Lascia!”
Shadowcat estrae il braccio dal petto del dottore morto e
se lo porta davanti la faccia, come copertura. Natasha si getta con il suo
corpo su Kitty, proteggendola dalla devastante esplosione del portatile. Il
fumo si spande in tutte le direzioni, avvolgendo ogni cosa. Quando il vento
riesce a diradarlo, Kitty e Natasha si accorgono di essere le uniche anime vive
all’interno della piazza, in piedi tra centinaia di morti.
“Queste informazioni meritavano davvero una strage così
grande?” dice Shadowcat con un filo di voce, la mano sulla bocca come istintiva
difesa dal senso di morte opprimente che pervade la piazza.
“Niente può valere il costo di così tante vite umane, ma
ti prometto che consegnerò il dischetto a chi come me e te vuole impedire che
un evento del genere possa succedere ancora.” risponde la Vedova Nera, poi
abbraccia Kitty e dice “Vieni, andiamo a casa.”
Note
dell’autore: Uff…alla fine ce l’ho fatta! Scusate lo sfogo ma sono le 2 di
notte, ed è da qualche giorno che lavoro su questo secondo numero cercando di
dare il massimo. Spero ne sia valsa la pena! Di appunti ne ho pochi. Mentre nel
primo numero mi sono rifatto alle atmosfere da film noir, stavolta l’attenzione
è tutta per i film d’azione americani, e ancora una volta ho messo qua e là
qualche citazione cinematografica che spero riconoscerete. Per il resto l’ex
ragazzo russo di Shadowcat che viene citato è il membro degli X Men Colosso.
Dal prossimo numero si cambia registro. Inizierà,
infatti, un’avventura in due parti con la Gatta Nera e Domino, in parte legata
agli eventi delle prime due storie (cosa c’è nel dischetto?). Vi aspetto!